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Frati e Bomboloni

Ingredienti circa 12 frati

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  • 200 gr. farina 00
  • 30 gr. di strutto *
  • 35 gr. di zucchero + 35 gr. per la guarnizione
  • 1 tuorlo d’uovo
  • 10 gr. lievito di birra
  • 80 ml di acqua o latte
  • un pizzico di sale
  • Scorza di 1/2 limone biologico

* La ricetta originale prevede l’uso dello strutto anche per la frittura. Se non si è sicuri della qualità dello strutto utilizzare il burro per l’impasto e l’olio per la frittura

Preparazione

In una tazza, sciogliere il lievito in poca acqua tiepida. Dopo una decina di minuti unire il lievito agli altri ingredienti ed impastare ancora per dieci minuti, creando una palla omogenea e morbida. Mettere a lievitare in una zuppiera cosparsa di farina sul fondo e coperta con un panno umido in un luogo caldo e senza correnti d’aria.

Dopo circa due ore prendere la pasta e spianarla con un matterello: dovrà essere alta un dito. Con dei coppapasta o altri stampini ricavare delle ciambelle e metterle sopra una teglia da forno spolverata di farina. Gli scarti del ritaglio devono essere rimpastati e spianati o, come alternativa, i dischi centrali possono essere utilizzati per fare dei bocconcini. Quando i frati sono rilievitati (due o più ore), friggerli in una padella in abbondante olio caldo, non troppo bollente. Devono galleggiare. Appena il bordo prende un colore nocciola chiaro, girare e finire di cuocere dall’altra parte.

Sgocciolare e mettere ad asciugare su della carta gialla o altra carta assorbente. Appena sgocciolati ma ancora caldi passarli in un piatto con lo zucchero facendo in modo che lo zucchero si attacchi da entrambi i lati.

Nello stesso modo si fanno le bombole o bomboloni, ma l’impasto deve essere steso più basso. Si ricavano dei dischi che vanno uniti a due, uno sopra l’altro, interponendo marmellata o crema pasticcera; i due dischi devono essere poi sigillati lungo il bordo con il dito inumidito di latte, facendo una leggera pressione. Si rimette a lievitare e poi si passa alla frittura.

Altrimenti, per fare le bombole, possono essere utilizzati gli appositi tubetti di acciaio o alluminio, gli stessi dei cannoli: una volta fritte si riempiono con una siringa di crema o crema al cioccolato.

Abbinamento

—-

Difficoltà

MEDIA

Spunti & trucchi

Per personalizzare l’aroma aggiungere un cucchiaio di liquore nell’impasto ( Anisette, Rhum, Strega..ecc.).

Pappa al Pomodoro

Ingredienti per 3/4 porzioni

  • 500 gr. pomodori pelati e senza semi
  • ½ bicchiere d’olio extravergine d’oliva
  • 300 gr. di pane di campagna raffermo
  • 1 bicchiere di brodo vegetale o acqua
  • 2 o 3 spicchi d’aglio, 2 o 3 foglie di basilico

Preparazione

In una scodella, ammorbidire il pane con l’acqua. In una casseruola far imbiondire nell’olio due spicchi di aglio, quindi versare i pomodori spezzettati e il basilico. Far ritirare il sugo per circa 10 minuti. Aggiungere il pane, strizzato, e il brodo. Cuocere a fuoco basso, mescolando per non far attaccare, fino a quando la pappa non sia divenuta morbida e omogenea. Se necessario aggiungere brodo o acqua.

Servire con una bella grattata di parmigiano.

Nel Senese il pane, spezzettato e senza ammollo, viene messo nell’olio caldo per qualche minuto e sono aggiunti pomodoro, salvia, basilico; il brodo finisce di cuocere nello stesso modo. La pappa preparata in questo modo si chiama “maritata”

Abbinamento

—-

Difficoltà

BASSA

Spunti & trucchi

Quando disponibile, si può aggiungere qualche foglia di nepitella.

Cacciucco Storia

Origini

Il Cacciucco è forse il più conosciuto prodotto della cucina livornese. Alcuni lo definiscono “Cacciucco alla Livornese” per distinguersi da quello “alla Viareggina”. Ma il Cacciucco è nato sicuramente a Livorno. Cacciucco che si pronuncia caCCIUcco, facendo bene attenzione a non trascurare nessuna delle due C. Probabilmente, la parola Cacciucco deriva etimologicamante dall’arabo Kükük che vuol dire “piccolo, minutaglia”… quindi zuppa di piccoli pesci. Già dal nome si presenta come una pietanza forte, colorita e ricca: cacciucco inteso come mescolanza, amalgama, fusione di diversi tipi di pesce. I nonni dei pesciaioli raccontano che cuocevano in un grosso calderone i pesci “sugati dalle pulci” (morsicati dalle pulci di mare), ovvero i pesci che pur essendo buoni non sarebbero riusciti a vendere: con gli “avanzi” nasceva dunque il cacciucco. A conferma ulteriore del concetto, ancora oggi il noto acume labronico fa spesso dire “tizio ha fatto un cacciucco con quella roba…”: è il caso, ad esempio, di un commerciante di vestiti che ha venduto merce spaiata e al quale sono quindi restati capi che difficilmente potrà utilizzare.

Altre ipotesi sull’orgine del nome sono presentate all’indirizzo http://it.wikipedia.org/wiki/Cacciucco. La ricetta menzionata è quella proposta da Aldo Santini nel libro “La cucina livornese”, che è poi la stessa di Beppe Mancini, titolare del ristorante “La Barcarola”.

Nel 1998 il Cacciucco è stato anche al centro di polemiche tra autorità, ristoratori Livornesi e una nota industria alimentare che aveva commercializzato una zuppa di mare congelata, diversa dal piatto labronico, con l’appellativo di “Cacciucco”. Il prodotto fu lanciato con spot in cui compariva il bravissimo Diego Abatantuono. L’allora sindaco di Livorno Gianfranco Lamberti insieme a Beppe Mancini ed altri ristoratori Livornesi si batterono contro la nota azienda alimentare. I “rivoltosi” con l’aiuto del giornale Il Tirreno riuscirono a far cambiare la denominazione del prodotto all’azienda da Cacciucco a Zuppa di Pesce.
In effetti il Cacciucco ha un grande significato per ogni livornese che volgia dirsi tale. Prendo a prestito le parole di Aldo Santini:
“E’ proprio così, nel cacciucco trovate il sapore di Livorno, il suo carattere di città rissosa
e popolaresca, sanguigna, aizzata dal libeccio, tutta spifferi ed esplosioni di voci. Un
sapore forte e insieme variegato, con tante assonanze e tanti aromi per quanti sono i
pesci che contribuiscono a formare il suo sugo.
Senza darsi le arie di sapientoni citando le più o meno improbabili origini del suo nome,
il cacciucco ha ormai un significato preciso: sta per miscuglio di elementi eterogenei,
groviglio, intrico, viluppo….”
Estendendo il concetto di cacciucco dal mare alla terra si può dire che la Scottiglia (originaria del Casentino) è un “Cacciucco di Carne”. Il procedimento in effetti è analogo: poco olio, si spezzettano le carni di tutte le specie, quelle non pregiate, e si buttano nel calderone, si aggiunge pomodoro, si crea un fondo denso e saporito e si serve su fette di pane….

Livorno Nostra
Da “Livorno Nostra” di Gastone Razzaguta 1915

Gastone Razzaguta, nel suo libro, afferma che furono i primi abitanti del Porto di Labrone (come Cicerone sembra avesse indicato il porto di Livorno) a combinare «un piatto» di divina ispirazione che li avrebbe resi celebri nel tempo a venire.
Ecco l’antica ricetta tramandataci dallo stesso, tratta da una parte della ricostruzione “storica” di Livorno. Tra le fatiche di Ercole Labrone si legge:

“ Il Cacciucco “

Il Signore apprezzò l’orgoglio de’Labronici. E l’ispirò di combinare un “ piatto “ che li ricordasse nel tempo.
E preso un tegamo ci messero dell’olio di oliva e della salvia e dell’aglio
tritato e del sale. E fecero soffriggere e rosolare bene. E poi allungarono
con acqua e pomodoro a pezzi. E drogarono con pepe e molto zenzero. E fecero ritirare
quell’intingolo. E poi presi i polpi e gattucci e gronghi, li tagliarono, e ci aggiunsero scorpani e gallinelle e cicale intere.
E tutto buttarono nell’abbondante salsa tirata. E fecero foco lento perché cuocesse e saporisse bene. E poi affettarono molto pane e l’arrostirono e lo strusciarono coll’aglio. E lo messero in un catino. E ci versarono sopra quella broda col pesce.

E dopo una preghiera al Signore mangiarono quella zuppa che trovarono sana e forte com’erano loro. Allora dissero: “ come dall’insieme di questi rozzi pesci è sortito un buon piatto, così da noi verrà la bella cosa voluta dal Cielo. Perché sulla terra del nostro Villaggio cogli anni crescerà una gran “ pianta “. Sia questo il nostro “ Piatto della ricordanza “. E lo mangino i nostri figli e’ figli de’nostri figli. E così fino alla consumazione de’ secoli. E ‘ Labronici si strinsero la destra giurando fedeltà. E chiamarono quella vivanda piccante Cacciucco.

Le Torri
Da “La Cucina Toscana” di Giovanni Righi Parenti

Anche se la storia è ben trovata dobbiamo ricordare come non sia possibile che il «cacciucco» col pomodoro ed il peperoncino sia stato inventato ai tempi del Villaggio Labrone, che tra l’altro ancor oggi non sappiamo con precisione dove realmente fosse sito, perché il «pomodoro» arrivò dall’America Meridionale (Perù) in Europa solo nel XVI secolo. Tuttavia possiamo notare come a Livorno, nel soffritto, si usa oltre l’aglio anche la salvia e… molto zenzero.

Bisogna qui fare una precisazione: lo zenzero vero è lo «zingiber officinalis», pianta monocotiledone, originaria da1l’Asia tropicale, di cui i rizomi sono piccanti. La pianta venne conosciuta nel IV secolo a.C. per le spedizioni di Alessandro Magno. Introdotta nel mondo romano fu descritta da Aulo Cornelio Celso (l’lppocrate latino), lodata da Apicio (il più celebre gastronomo de1l’antichità, che si uccise per paura di morire di fame essendogli rimasti solo 10 milioni di sesterzi), e da Plinio ne1la sua Historia naturalis sin dal I secolo d.C. Lo zenzero, che veniva coltivato anche presso di noi, fu impiegato per rendere più piccanti i cibi sino a quando non si conobbe l’economico peperoncino rosso, non avendo il pepe potuto sostituirlo causa il suo alto prezzo. A Livorno ed in Toscana in genere per zenzero s’intende il peperoncino rosso, che si chiama anche «zenzerino». Lo zenzero vero viene ancora molto impiegato ne1la cucina anglosassone.

L’invenzione del «cacciucco» a Livorno si dà quasi per certa ai «torrigiani» che non erano altro se non i guardiani delle «torri» di segnalazione, come possiamo rilevare dagli «Statuti di Pisa», a proposito della «Torre armata» di Bocca d’Arno che non era altro che un faro Leggiamo, come ci segnala il Targioni Tozzetti dalle «cartapecore degli Archivi di San Niccolò», che il 12 di marzo i Consoli del Mare di Pisa dettero in custodia a Frate Galgano, priore
d’Acquaviva, la Torre e lanterna posta in mare vicino a Porto Pisano, «acciò la
custodisca» e gli danno per mantenimento «staia 6 (sei) d’olio per tre mesi, soldi 34 per i lucignoli, soldi 18 per il trasporto dell’ olio, soldi 6 per libbre una
e mezza di candelette, soldi 5 per le spugne e lire 15 per il suo salario».
Troviamo negli statuti che il «torrigiano» poteva usare l’olio per suo uso personale ma non per «fare frittura».
Nelle Torri a mare l’unico passatempo era la pesca e… pesce senza olio si lega male: bastava però non friggerlo tanto da salvare la faccia ed ubbidire alla legge… nacque il soffritto d’erbe: l’aglio, la cipolla e la salvia erano quelle più usate, l’acqua di mare servì per il sale ed un bicchiere di vino per dare un po’ di sapore. Quando c’era poco pesce si pensò d’ allungarlo con qualche fetta di pane e nacque la «zuppa». Ai «torrigiani», poteva mancare tutto ma non l’assortimento di pesce.

Verso la fine del 1500 arrivarono le due solanacee chiave della cucina mediterranea: il pomodoro ed il peperone. Livorno era uno scalo importante per tutte le navi di ogni provenienza ed i livornesi furono tra i primi ad avere i semi di queste nuove piante che subito, anche per la facilità di coltivarle, impiegarono largamente nell’ uso comune.
Il «cacciucco» si era così completato di tutti gli ingredienti.

Un’altra leggenda sull’origine del «cacciucco» livornese ce la riporta Jarro (Giulio Piccini).
Un pescatore livornese era morto nel mare in tempesta lasciando la vedova e i figli nella più nera miseria. Quando la fame divenne insostenibile i bambini andarono a cercare un boccone presso i pescatori colleghi del babbo e costoro, che non vivevano nella ricchezza, cercarono d’ aiutarli dando loro ciascuno un po’pesce. Tutto quell’ assortimento fu dalla mamma fatto cuocere nell’unica pentola che possedevano insieme alle erbe dell’orto casalingo… L’odore della zuppa si fece sentire nelle case dei vicini e fu tanto appetitoso da fare sì che la gente venisse alla modesta abitazione della vedova… per curiosare ed assaggiare questo piatto, che almeno al profumo… prometteva bene.

Jarro, nel 1915, nel suo Almanacco Gastronomico scriveva che «il “cacciucco”, per taluni, aveva provenienza dall’ Asia e che anche gli eroi omerici Ulisse Achille e Agamennone, avessero mangiato una specie di “cacciucco” sotto le loro tende. I Foci, che abitavano nell’ Asia minore, portarono una “zuppa” di pesce particolare in Grecia prima e poi nella loro colonia “Massilia” (l’ odiema Marsiglia) dove cossero il primo “cacciucco”, nella incantata regione, avendo, due grosse pietre per fornello». I pescatori provenzali divennero esperti nella preparazione di questo piatto.
Anche il raffinato Petronio sembra che ne recasse la ricetta a Nerone e Cesare era un «patito» di questo cibo.

Questo per quanto riguarda, almeno a mio avviso, la «zuppa» di pesce diffusissima su ogni costa, famosa quella «mediterranea» per le erbe profumate che trovano sui nostri lidi. Rimane difatti impossibile pensare ad un «cacciucco come si conosce oggi senza pomodoro e privo di peperoncino. Come già detto pomodoro (solanum lycopersicum), ed il peperoncino (capsicum annuum piante originarie dell’ America centrale, raggiunsero l’Europa solo nel Rinascimento. Gli unici odori da sempre conosciuti erano della famiglia delle labiat accanto all’ «origano», il «timo», la nepitella, la salvia ed il rosmarino. Delle agliacee: la cipolla e l’aglio che veniva usato anche come medicinali. Pure il pepe nelle varietà piper nigrum e piper aromaticum, piante d’origine asiatica, incominciò, a caro prezzo, a venire importato verso il 1000 ed usato negli anni a seguire anche in cucina; ad esempio la “salsa poverada” prendeva il nome di «salsa garofanata» quando veniva aromatizzata con qualche «chiodo» dell’ancor più raro «garofano»).

Il «cacciucco» nacque piatto povero. Si impiegano i pesci meno pregiati, ci vuole poco olio e gli odori comuni: aglio, cipolla, salvia, peperoncino e poi i pomodori (vedi l’etimo: «minutaglia»). I marinai ed i pescatori hanno sempre usato il pesce di minor pregio: quello la cui vendita risultava meno remunerativa. In quanto alle varietà di pesce, che nei libri vengono indicate in almeno una dozzina, hanno una importanza relativa: basta che ci siano i polpi o le seppie, lo scorfano o il pesce cappone, qualche crostaceo, non importa se aragosta o canocchia .

Il Cacciucco 5 C

 

rev. 20 Luglio 2006 www.lenostrericette.it

rev. aggiornato link 18 Novembre 2016

Cacciucco alla Livornese

Ingredienti 4 – 6 porzioni

  • 400 gr. di seppie
  • 400 gr. di polpi
  • 300 gr. di palombo a tranci (o murena o tracina o grongo)
  • 500 gr. di pesce vario detto “da minestra” (gallinella, cappone, scorfano)
  • 300 gr. di cicale (se in stagione)
  • 300 gr. di frutti di mare misti (cozze, vongole)
  • 700 gr. pomodori maturi pelati e senza semi
  • 1 o 2 cucchiai di concentrato di pomodoro
  • ½ bicchiere d’olio extravergine d’oliva
  • ½ bicchiere di vino rosso
  • 2 fette di pane di campagna raffermo a porzione
  • aglio, peperoncino, prezzemolo
  • Odori

Preparazione

Per la preparazione esistono almeno due procedimenti: uno più rapido e uno più elaborato.
Il procedimento più veloce è quello più tradizionale. In questo modo si serviranno i pesci piccoli interi, e ciò può comportare problemi ai commensali. D’altro canto, il piatto sembrerà sicuramente più appetitoso.

In una grande casseruola soffriggere l’aglio e il peperoncino con due cucchiai di concentrato; successivamente mettere a rosolare a fuoco vivo dapprima i polpi, ben battuti, e dopo una decina di minuti anche le seppie. In genere si usano polpi e seppie piccoli, da servire uno a porzione. Se si utilizzano polpi e seppie grandi allora tagliarli a pezzi. Dopo qualche minuto innaffiare con il vino rosso, lasciar sfumare appena e poi aggiungere i pomodori. Si abbassa il fuoco e si copre parzialmente inserendo un mestolo a contrasto per non far chiudere il coperchio. Dopo circa 15 minuti cominciare ad aggiungere il pesce partendo da quello meno tenero e piccolo. Murena, tracina, palombo, scorfano, gallinella…

E’ consigliabile scottare i frutti di mare in un recipiente a parte per farli aprire (in special modo le vongole) ed evitare quelli che contengono tracce di sabbia. Si aggiungeranno alla fine insieme ad eventuali cicale, che non devono cuocere molto: bastano cinque minuti ed ad una bella dose di trito di prezzemolo.

Il cacciucco si serve mettendo due fette di pane abbrustolito e agliato nella scodella, aggiungendo i polpetti, le seppie, i vari pezzi di pesce o pescetti interi ecc. e uno o due ramaioli di sugo che andrà ad inzuppare il pane. Altre fette di pane vanno servite a parte.

Il procedimento più elaborato (preferito soprattutto dai commensali che non incontreranno lische…) prevede la cottura dei pesci a parte.
In una pentola si mettono a lessare in un litro di acqua mezza cipolla, una carota, un gambo di sedano e i pesci (scorfano, gallinella e i pesci da minestra, tranne il palombo che si cuoce nella casseruola come nell’altro procedimento). Portare all’ebollizione ed abbassare il fuoco. Eventualmente schiumare. Il tempo di cottura varia in base alla dimensione dei pesci, dai 20 ai 30 minuti. A cottura ultimata lasciare raffreddare il pesce nel brodo.

Togliere le polpe dai pesci, metterle da parte perché andranno aggiunte al cacciucco quasi a fine cottura. Passare le lische e le teste con il passaverdura e unirle al brodo. Filtrare il tutto con un colino fine o un cinese. Tale brodo servirà per ispessire il sugo.

In una grande casseruola soffriggere l’aglio e il peperoncino con due cucchiai di concentrato; successivamente mettere a rosolare a fuoco vivo dapprima i polpi, ben battuti, e dopo una decina di minuti anche le seppie. In genere si usano polpi e seppie piccoli, da servire uno a porzione. Se si utilizzano polpi e seppie grandi allora tagliarli a pezzi. Dopo qualche minuto innaffiare con il vino rosso, lasciar sfumare appena e poi aggiungere i pomodori. Si abbassa il fuoco e si copre parzialmente inserendo un mestolo a contrasto per non far chiudere il coperchio. Dopo circa 15 minuti aggiungere il brodo del pesce preparato in precedenza.

E’ consigliabile scottare i frutti di mare in un recipiente a parte per farli aprire (in special modo le vongole) ed evitare quelli che contengono tracce di sabbia. Si aggiungeranno alla fine insieme ad eventuali cicale che non devono cuocere molto bastano cinque minuti ed ad una bella dose di prezzemolo tritato

Abbinamento

Rosso Giovane

Difficoltà

MEDIA

Spunti & trucchi

Per il soffritto ci sono diverse scuole che prevedono tra l’altro anche cipolla e salvia e vino bianco al posto del rosso.

Alcuni utilizzano gamberoni , o mazzancolle al posto delle cicale. Per saperne di più->

Zerri sotto r’ Pesto

Ingredienti per una vaschetta

  • 300 gr. zerri
  • 2 spicchi di aglio
  • 2 peperoncini
  • 1 bicchiere di aceto di vino
  • Farina
  • Olio Extravergine d’Oliva

Preparazione

E’ consigliabile usare zerri di piccole dimensioni, con lische tenere. Se sono piccoli non devono essere puliti; in caso contrario pulire lasciando la testa.
Infarinare bene e friggere in abbondante olio caldo, fino a ottenere una frittura croccante. Salare e disporre in un contenitore adeguato (meglio se di vetro).

Marinata.
In un pentolino far bollire l’aceto con l’aglio e il peperoncino tritati per una decina di minuti.
Versare la marinata ancora calda sugli zerri. Lasciar riposare almeno un giorno.

Abbinamento

Vernaccia di San Gimignano

Bianco di Pitigliano

Vermentino

Difficoltà

BASSA

Spunti & trucchi

Coniglio alla Cacciatora (con le olive)

Piatto molto diffuso in Toscana, ogni zona propone le sue varianti. La ricetta presentata è quella più diffusa con l’aggiunta delle olive.

La riuscita di questo piato dipende ovviamente dal coniglio. La carne di coniglio ha un odore detto “stallino” che a molti può dar fastidio è per questo che si usa lavarlo con aceto. Questo non succede a conigli di grandi allevamenti, probabilmente per l’alimentazione o per trattamenti particolari. Una volta i contadini alimentavano i conigli prossimi “all’uso” con semola, avena e erbe aromatiche.

Ingredienti per 4-6 persone

  • 1 coniglio intero
  • 1 carota
  • 1 gambo di sedano
  • 1 cipolla
  • 1 ciuffo di prezzemolo
  • 1/2 litro di vino rosso
  • 1/2 bicchiere di aceto
  • 300 gr. di olive toscane (semi amare)
  • 2 spicchi d’aglio
  • 1 ciuffo di prezzemolo
    olio extravergine d’oliva
  • due cucchiai di farina
  • un cucchiaio di concentrato di pomodoro

Preparazione

 Per la buona riuscita è necessario lasciare il coniglio a marinare una notte. Mettere a marinare il coniglio, pulito, intero aperto o a pezzi, in una zuppiera con il vino, l’aceto, la carota divisa in due, il sedano a pezzetti, la cipolla in spicchi, il prezzemolo una grattata di pepe e un pizzico di sale. Le frattaglie (cuore, fegato reni) si metteranno da parte per usarle in seguito.

In una grande casseruola si soffrigge l’aglio e gli odori usati per la marinatura, tritati, con due cucchiai di concentrato, poi si mette a rosolare il coniglio a pezzi, appena infarinato, a fuoco vivo.
Appena ha preso colore si unisce le frattaglie, tritate, e si versa due o tre ramaioli del vino usato per la marinatura. Il restante liquido si aggiungerà, ogni tanto, durante la cottura. Far sobbollire, a tegame semicoperto, per circa un’ora e mezzo due ore. A metà cottura aggiungere le olive. A fine cottura regolare il sale e il pepe.

Il sugo deve essere abbondante in modo da poterlo usare oltre che sui pezzi di coniglio, su crostoni abbrustoliti, o addirittura per condire la pasta, in questo caso l’ideale è tagliatelle o pappardelle.
In alcune zone, prevalentemente in montagna, si usa servire il coniglio con abbondante sugo sulla polenta.

Abbinamento

Rosso del Chianti

Difficoltà

MEDIA

Spunti & trucchi

Per chi piace il gusto forte aggiungere qualche bacca di ginepro alla marinata ed alla cottura..

Acciughe fritte

Ingredienti per 4 porzioni

  • 300 gr. acciughe (alici) fresche
  • 2 o 3 spicchi di limone
  • 1 uovo
  • 100 gr di farina
  • Un ciuffo di prezzemolo
  • Olio extravergine di oliva

Preparazione

Pulire e sfilettare le acciughe: togliere la testa e aprirle a libro sfilando la lisca.In una padella scaldare l’olio.
Infarinare un filetto per volta premendo leggermente da entrambi i lati, passarlo poi nell’uovo sbattuto e tuffarlo nell’olio caldo.Appena dorati togliere i filetti con una schiumarola e mettere in un vassoio con la carta gialla.Salare e servire con spicchi di limone.Spunti & trucchi

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  • 300 gr. acciughe (alici) fresche
  • 2 o 3 spicchi di limone
  • 1 uovo
  • 100 gr di farina
  • Un ciuffo di prezzemolo
  • Olio extravergine di oliva

Abbinamento

Vernaccia S. Gimignano

Bianco di Pitigliano

Difficoltà

BASSA

Acciughe alla povera

Ingredienti

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  • 700 gr. acciughe (alici) fresche
  • 200 gr. di aceto di vino bianco
  • 2 cipolle rosse
  • ½ bicchiere di Olio extravergine di oliva
  • sale

Preparazione

Pulire e sfilettare le acciughe; togliendo la testa e aprendole a libro sfilare la lisca.

Mettere in un colino le acciughe già pulite in modo da far defluire il liquido sanguinolento.

Marinatura

Disporre le acciughe aperte in un contenitore, alternando a ogni strato di pesce uno di cipolla tagliata a fettine sottili con una spruzzata di aceto. Utilizzare per tutte le acciughe metà dell’aceto.
Far riposare in frigorifero per 2 o 3 ore.
Sgocciolare e ripetere l’operazione trasferendo le acciughe in un nuovo contenitore e utilizzando il resto dell’aceto. Salare. Rimettere in frigo per altre 2 o 3 ore. Il prolungamento della permanenza dell’aceto ammorbidisce le acciughe.
Sgocciolare bene dall’aceto, eventualmente riponendo le acciughe in un altro contenitore. Poi ricoprire d’olio.
Le acciughe in questo modo conservano la loro qualità per diversi giorni.

L’utilizzo della cipolla già nella marinatura le toglie un po’ di forza rendendola più gradevole. Per ottenere un gusto più forte è sufficiente utilizzare la cipolla dopo aver sgocciolato l’aceto e prima di versare l’olio.

Abbinamento

Vernaccia S. Gimignano

Bianco di Pitigliano

Difficoltà

BASSA

Spunti & trucchi

Arselle (Telline) all’uovo

Semplicissimo piatto della costa Livornese. Molto gustoso, obbligatorio mangiare con le mani.

Ingredienti 4 porzioni

  • 1 Kg. di Arselle (Telline) dette anche Zighe
  • 1 spicchio d’aglio
  • 1 cipolla rossa piccola
  • ½ bicchiere di olio extravergine d’oliva
  • 2 uova
  • Un pizzico di sale
    e pepe

Preparazione

Spurgare le arselle dalla sabbia.

In una padella di alluminio far appassire leggermente la cipolla e l’aglio tritati finemente. Versare le arselle e coprire.
In una scodella sbattere le uova con un pizzico di sale. Appena le arselle cominciano ad aprirsi, aggiungere l’uovo e togliere dal fuoco girando con un mestolo finendo di far cuocere l’uovo.
Servire a piacere con una spolverata di pepe e di prezzemolo.

Abbinamento

VINO BIANCO FRESCO

Difficoltà

BASSA

Spunti & trucchi

Alcuni usano la cipolla fresca bianca. Si può aggiungere ½ bicchiere di vino bianco insieme alle arselle

Acciughe in bianco (al limone)

Ingredienti per 4 porzioni

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  • 1 Kg. acciughe (alici) fresche
  • 2 o 3 spicchi d’aglio
  • 1 grosso limone
  • Un ciuffo di prezzemolo
  • ½ bicchiere di Olio extravergine di oliva

Preparazione

Pulire togliendo le interiora e sciacquare sotto l’acqua corrente.

In una padella scaldare l’olio e far colorare l’aglio. Distendere le acciughe nella padella, coprire, e cuocere per 4 o 5 minuti a fuoco vivace. Se sono ben distese non è necessario girarle, eludendo così il pericolo di romperle. Le acciughe sono cotte appena le carni diventano bianche.

Poco prima di togliere le acciughe dal fuoco scoperchiare e versarvi sopra il succo del limone con una spruzzata di prezzemolo tritato. Salare e servire calde direttamente dalla padella nei piatti.

Abbinamento

Vernaccia S. Gimignano

Bianco di Pitigliano

Difficoltà

BASSA

Spunti & trucchi

Alcuni preferiscono utilizzare i filetti togliendo la testa e aprendole a libro e sfilando la lisca.