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L’arte di impastare

Ingredienti Principali
Gli ingredienti principali di un impasto, che servirà per il pane o per un dolce, sono:

Acqua
L’acqua è uno degli ingredienti principali, credo addirittura determinante per il risultato dal punto di vista organolettico. Se siamo capaci di distinguere, bevendo, un’acqua da un’altra, le stesse differenze si potranno riscontrare nel pane, pizza o dolce che abbiamo realizzato con l’impasto.
Se il sapore dell’acqua di rubinetto ci lascia perplessi, utilizziamo acqua minerale.

Lievito
Quando si mescola l’acqua con la farina, per la natura della stessa, si da avvio a una reazione chimica che genera proteine e a una fermentazione che porta alla lievitazione spontanea dell’impasto. La proprietà più importante della farina di grano è che a contatto con l’acqua due proteine, la gliadina e la glutenina, reagiscono e formano il glutine. Il glutine è una proteina complessa che crea un reticolo all’interno della massa di farina e acqua, rendendola compatta, elastica e capace di trattenere i gas che si sviluppano al suo interno: si formano così bolle che aumentano il volume e danno all’impasto la caratteristica struttura spugnosa. Per facilitare questo processo si utilizzano vari tipi di lievito, naturali e chimici.
Tra i lieviti naturali il più diffuso e usato è il lievito di birra. Si trova in commercio fresco e secco. Il lievito di birra saccharomyces cereviasiae è un residuo della fermentazione della birra, un fungo microscopico che si trova anche sulla buccia di alcuni frutti.
Il lievito di birra fresco si sbriciola facilmente, ha un colore nocciola chiaro uniforme e non si incolla alle dita.
Per utilizzarlo si deve diluire con acqua tiepida e un pizzico di zucchero almeno 15 minuti prima di unire all’impasto. L’ideale è una temperatura intorno ai 35° C: un liquido troppo caldo (più di 40° C) uccide i micro organismi vivi del lievito.
Il lievito di birra secco può essere comodo da tenere in casa, poiché si conserva a lungo. Si diluisce nello stesso modo anche se qualcuno lo utilizza direttamente nell’impasto. In questo modo si accentua la traccia di odore lasciata

Farina
La farina è un alimento ottenuto dalla macinazione dei cereali; le più comuni sono le farine di grano o di mais, ma esistono anche farine di orzo, di farro, di riso, di avena, di segale, di kamut. La farina è costituita fondamentalmente di amido, con parti minori di proteine, grassi e fibre.
Il frumento o grano è il cereale dalla cui cariosside si ricava la farina per eccellenza. Gli antihi egizi, considerati i veri inventori del pane, capaci di realizzare più di cinquanta tipi di pane diversi, gli avevano riservato un vero e proprio culto.
Triticum sativum è la definizione scientifica del grano tenero e Triticum durum il grano duro da cui si ricavano le rispettive farine più utilizzate in cucina. Esiste anche un Tritcum turgidum con caratteristiche intermedie ma poco diffuso. Triticum dicoccum è il farro anche questo molto conosciuto fin dall’antichità.
Sia dal grano tenero che duro si ottengono le farine di tipo 00, 0, 1, 2 e integrale che differiscono per il grado di abburattamento (la percentuale di separazione della farina dalla crusca). Nel processo di molitura infatti l’involucro esterno della cariosside (crusca e cruschello) si separa dalla parte inferiore (germe), ricca di proteine, e dalla parte interna, amidacea (endosperma), ricca di glutine, capace di trattenere durante l’impasto fino al 200% del suo peso in acqua.
Si definisce 00 la farina che ha subito il 50% di abburattamento, 0 al 72%, 1 80%, 2 85%; la farina che ha subito solo un primo processo di macinazione è detta integrale. Il fiore di farina è un prodotto finissimo ottenuto dalla parte interna, contenente glutine di qualità. E’ considerata tradizionalmente la farina per eccellenza nella produzione dolciaria.
A seconda di quanto glutine contiene una data farina, l’impasto con l’acqua sarà più o meno resistente ed elastico, e varierà anche il tempo necessario per la lievitazione. Questa si chiama Forza della farina e tecnicamente è misurato con un valore di panificabilità W che va da 170 per le farine deboli a 350 e oltre per le farine speciali (Manitoba). Dal momento che sulle confezioni non è riportato tale valore, si prende come riferimento la quantità di proteine. Più alto il valore di proteine più alto il valore di W e più alto il contenuto di glutine.
– Fino a 170W (deboli): per biscotti, cialde, grissini e dolci friabili; anche per besciamella e per rapprendere salse. Assorbono circa il 50% del loro peso in acqua.
– Da 180W a 260W (medie): Pane francese, panini all’olio, pizza, pasta: assorbono dal 55% al 65% del loro peso in acqua.
– Da 280W a 350W (forti): Pizza, pasta all’uovo, pasticceria a lunga lievitazione: babà, brioches. Assorbono dal 65% al 75% del loro peso in acqua.
– Oltre i 350W (farine speciali): in genere fatte con particolari tipi di grano, vengono usate per “rinforzare” farine più deboli, mescolandole, oppure per prodotti particolari. Assorbono fino al 90% del loro peso in acqua.
Le farina normalmente in vendita nei negozi e supermercati variano fra i 170W e i 200W. Si utilizza la farina Manitoba, con circa 400W, per miscelarla alla farina “normale” e ottenere la forza voluta.

Uova
L’uovo è, in assoluto, l’alimento più ricco di sostanze nutritive. E’ particolarmente utilizzato negli impasti dolciari ricchi di proteine e grassi. Normalmente si utilizzano il tuorlo e l’albume separatamente per le diverse caratteristiche fisiche e per le funzioni assolte. In commercio le uova si trovano classificate in categorie di peso e di freschezza:
categoria 1 peso da 70 gr. in su , 2 da 65 gr. a 70 gr. e così via.
Le uova Extra possono essere bevute, e devono essere vendute entro 7 giorni dalla deposizione; le A sono fresche (oltre 7 giorni dopo la deposizione), mentre le B e C sono congelate e destinate all’industria.
Nell’impasto l’uovo, oltre a insaporire, lega gli ingredienti e facilita il trattenimento dell’aria dando volume e sofficità.

Grassi
Tra gli ingredienti che entrano spesso nella preparazione di un impasto figura il latte, ed in particolare i suoi derivati: burro e panna giocano un ruolo importante.
Il burro diventa ingrediente fondamentale nella pasta frolla e e nella sfoglia. A volte viene sostituito da strutto, margarina o olio.
Lo strutto, ottenuto dal maiale, è la sostanza che più di tutte rende friabile un impasto.
La margarina, di derivazione vegetale, è molto usata in ambito industriale, anche per il minor costo rispetto al burro. Alcuni nutrizionisti la consigliano per il suo più basso contenuto di grassi, altri la sconsigliano perché ottenuta da trattamenti che incidono negativamente sul prodotto finito.
L’olio, se possibile, dovrebbe essere utilizzato al posto del burro per le migliori qualità dietetiche.
Tutte queste sostanze sono utilizzate nell’impasto per dare elasticità e aiutare la formazione di bolle d’aria, durante la cottura che contribuisce a dare leggerezza al prodotto finale. Tale proprietà è data dai grassi contenuti e quindi, secondo me, è inutile utilizzare prodotti light, grassi 0,1 ecc. e dietetici in genere: si corre il rischio, per avere lo stesso risultato, di dover aumentare la quantità.

Dolcificanti
Il dolcificante più usato è il saccarosio, lo zucchero estratto dalla canna o dalla barbabietola con procedimenti diversi. In entrambi i casi si ottiene una sostanza di colore giallognolo che se successivamente raffinata attraverso procedimenti industriali diventa bianca.
Contrariamente a quanto si crede, i principi calorici dello zucchero di canna o di barbabietola sono praticamente identici in quanto entrambi hanno il 98% di saccarosio. Lo zucchero ha ben 4 calorie per grammo e nessun principio nutritivo. Quindi, da un punto di vista dietetico, dove possibile sarebbe da sostituire con il miele. Altri tipi di dolcificanti come sorbitolo, fruttosio, ecc. sono prevalentemente usati in ambito industriale. Quelli sintetici come la saccarina sono spesso contenuti in prodotti per diabetici.

Sale
Il sale inibisce l’azione del lievito: ecco perché si consiglia di preparare un primo impasto (o pasta madre o lievito bianco) con solo lievito, acqua e farina, al quale si aggiungono successivamente gli altri ingredienti per una seconda lievitazione.

L’arte di friggere

Semplici attenzioni
La frittura è una tecnica di cottura molto usata in cucina. In qualsiasi scuola culinaria: da quella orientale a quella europea antica e moderna. E’ opinione comune che, dal punto di vista dietetico, la frittura non sia consigliabile, ma è anche vero che sono poche le pietanze invitanti come un’ottima frittura dorata e croccante.
Il problema è dato dalla eccessiva assunzione di grassi e dalla difficile digeribilità per il nostro organismo. Non è mia intenzione redigere un trattato medico, primo perché non essendo un medico non ne ho l’autorità, secondo perché si trovano moltissime pubblicazioni sui regimi alimentari, diete ecc.; ma la dieta mediterranea è da sempre considerata la più completa e salutare, e le fritture fanno parte di questa cucina. Posso dunque suggerire alcune regole per rendere una frittura più “dietetica”.

– “non eccedere”. Il fritto può essere inserito in qualsiasi regime alimentare, ma non più di una o due volte la settimana, a seconda del soggetto e in quantità adeguate.

– “Impedire l’eccessivo assorbimento dell’olio da parte degli alimenti”. Nel caso della frittura di alimenti a basso contenuto di grassi, quali ad esempio le patate o le verdure, i grassi penetrano nell’alimento e vi rimangono in quantità variabili dal 10 al 40%, per cui l’alimento fritto assume una composizione in acidi grassi simile a quella dell’olio utilizzato per la frittura. Negli alimenti a elevato tenore di grassi, quali la carne o il pesce, non si hanno significative modifiche di ordine quantitativo. Nel conteggio delle calorie è opportuno tener conto anche dell’alimento utilizzato. Ad esempio il formaggio, passato nell’uovo, poi impanato e fritto è una vera “bomba” per l’organismo. Calorie, colesterolo, sovraccarico per il fegato e per lo stomaco… ci vorranno “centinaia di chilometri di corsa” per smaltire tutto.

– “Saper friggere, utilizzando oli e grassi di qualità”. A seconda delle fritture Olio di oliva extravergine, olio di semi e lardo.
La tecnica di frittura descritta in seguito è rivolta principalmente ad evitare l’assorbimento dei grassi e rendere la frittura più leggera e digeribile.
1. Utilizzare preferibilmente una classica padella di ferro o comunque di metallo fine in modo da avere meno inerzia termica. Se non si ha esperienza un buon termometro sarà di aiuto

2. L’olio deve essere caldo a sufficienza affinché la crosta si formi il più velocemente possibile in modo da limitare al massimo il passaggio dell’olio all’interno dell’alimento ma non troppo caldo da generare sostanze nocive. Non superare mai i 180° C in quanto temperature superiori accelerano il processo di alterazione dell’olio.

Di seguito sono indicati i Punti di Fumo (temperature che originano i processi di trasformazione molecolare nell’olio) dei prodotti più comunemente usati per friggere: i Punti di Fumo NON VANNO ASSOLUTAMENTE SUPERATI:
burro 110-130º C
margarina 140-150º C
olio di semi di Arachide o di Mais 160-180º C
strutto 180º C
olio di oliva 190-210º C
burro rettificato 200° (vedi ricetta per farlo)https://www.lenostrericette.it/news.asp?id=33
la tabella è indicativa perché i fattori che concorrono a modificare il valore del punto di fumo sono diversi (contenuto di acqua, livello di raffinazione ecc.)

3. Preparare gli alimenti da friggere, asciugandoli bene, evitando se possibile l’aggiunta di spezie o acqua, che accelerano il processo di alterazione di oli e grassi; aggiungere sale e spezie solo dopo la frittura. O semplice farina o pastella, o uovo o pangrattato, oqualsiasi impasto deve aderire il più possibile all’alimento, che sia pesce o carne, in modo che non si distacchi durante la cottura.

4 Evitare di abbassare eccessivamente la temperatura dell’olio riempiendo troppo la padella
5 Utilizzare una schiumarola a rete al momento di togliere gli alimenti dalla padella, in modo da sgocciolare bene la frittura. Utilizzare la carta gialla per assorbire l’olio in eccesso.

6 Sostituire frequentemente l’olio, vigilando sulla qualità dello stesso durante la frittura; un olio molto usato si riconosce dall’imbrunimento, dalla viscosità e dalla tendenza a produrre fumo durante la frittura.

7 Non utilizzare l’olio già usato. Unica eccezione può essere costiutita dall’olio di oliva, che però deve essere filtrato e pulito. E’ preferibile usarne meno o a temperatura più bassa se si deve friggere molto. Evitare assolutamente il “rabbocco”, l’aggiunta di olio fresco all’olio usato, perché quello fresco si altera molto più facilmente se a contatto con l’usato.

8 Proteggere oli e grassi dalla luce quando non si usano

In conclusione, la frittura è un metodo di cottura che ci permette di cuocere un alimento, mantenendone integro il sapore e il profumo, all’interno di un involucro croccante. Qualunque tecnica usata deve mirare a questo.

Tecniche

Solo farina
La tecnica più semplice di frittura è quella con la farina.
Si prende l’alimento si rotola nella farina facendo attenzione che la farina resti attaccata da tutti i lati, si elimina la farina in eccesso scuotendo delicatamente l’alimento o usando un setaccio e si mette altrettanto delicatamente nella padella con l’olio.

La pastella
La pastella serve per creare un involucro più spesso e croccante all’alimento fritto. La pastella può essere fatta in diversi modi in base alle ricette. Si prepara mescolando gli ingredienti in una bacinella sbattendoli con una forchetta. Di seguito alcuni esempi.
Semplice, con acqua, sale e farina. In genere deve essere preparata almeno quindici minuti prima di usala.
Spumosa con acqua fredda o ghiaccio, farina e tuorlo d’uovo unita all’albume montato a neve al momento di utilizzarla.
Se si vuole più gonfia si può utilizzare anche la birra ghiacciata invece dell’acqua.
In genere si utilizza la pastella più spessa per carni, pesci, patate che hanno bisogno di più cottura e quella più spumosa per fritture veloci di verdure, gamberi ecc. (Tempura)

Doratura
Si parla di doratura e frittura quando si utilizza l’uovo che rende il colore della frittura appunto d’orato. Per fare questo si deve preparare un piatto con la farina e uno con l’uovo sbattuto. Si prende l’alimento da friggere si rotola nella farina facendo in modo che la farina aderisca bene si passa velocemente nell’uovo da entrambe le parti si sgocciola leggermente e si tuffa in padella con l’olio caldo.

Pangrattato
Altro modo di doratura è passare prima nell’uovo e poi nel pangrattato premendo leggermente con il dorso della mano per far aderire la panatura.